di Ilaria Carloni
Fondatore dei Co’Sang e rap-cittadino del mondo, da Los Angeles a Ibiza, passando per Londra: Luchè, all’anagrafe Luca Imprudente, è tra i rapper più seguiti del panorama italiano. Tra i suoi album più importanti, “Dove volano le aquile”, di cui è anche il direttore artistico, una figura inedita nel rap italiano. Luchè è un avanguardista in tutto, un artista autentico, un uomo leale e diretto, che dà forte identità alle sue produzioni, ma col rammarico che non sempre questo paghi. Oggi, infatti, si cerca di fare quello che vogliono gli altri e questo lo fa sentire limitato, spesso incompreso. I suoi testi sono molto profondi, come “Le pietre non volano”, che cela tutto il dolore di esperienze vissute e l’inquietudine che lo caratterizza.
Quando è nata la passione per la musica?
Fin da bambino. I primi versi li ho incisi col mio gruppo “Co’Sang” a 15 anni. Abbiamo fatto due album e poi ci siamo divisi e ho iniziato la mia carriera da solista.
I tuoi genitori hanno appoggiato la scelta?
Mia madre mi racconta che già a 14 anni dicevo “Voglio fare il cantante”. I miei genitori appoggiavano la mia passione senza aspettative che diventasse un lavoro.
La gavetta è stata dura?
Si. Quando ho iniziato, questa cultura del rap non esisteva proprio, ci prendevano in giro, poi è diventata una moda, ma l’Italia è molto indietro. Non puoi fare quello che vuoi, devi fare musica adeguandoti a tanta ignoranza.
Come ti senti in questa fase della tua vita?
E’ un momento molto fervido per il lavoro, dal punto di vista personale so benissimo chi sono e cosa voglio, ho le idee chiare, ma sono in continua ricerca di stimoli e di tormenti. La vita un po’ estrema io la voglio, mi annoio molto, solo che devo fare i conti con quello che vuole la gente qua in Italia. E’ un grosso limite per me, una barriera che mi impedisce di essere pienamente me stesso, di esprimermi come vorrei. Non mi sento mai pienamente appagato, vivo il disagio di sentirmi fuori contesto in un Paese come l’Italia che amo, ma che sento indietro rispetto a troppe cose.
Spesso però viaggi. Hai mai pensato di andare a vivere fuori?
Metà della mia vita l’ho vissuta tra Londra e New York, ogni tre mesi sono a Miami e spesso a Los Angeles. Mi muovo molto, ma l’inquietudine resta sempre con me. Certo, andando in America sto meglio perchè ho trovato uno sfogo anche attraverso delle attività imprenditoriali che ho intrapreso.
Come si manifesta questa inquietudine?
Sono un perfezionista maniacale, quando scrivo i testi non sono mai pienamente soddisfatto, sento sempre un senso di inadeguatezza. Questo è anche positivo perchè mi porta a migliorarmi. E’ una continuo bisogno di alzare l’asticella.
Com’è il tuo rapporto con Napoli?
Viaggiando tanto, quando torno me la godo di più, ma non è che mi senta proprio capito…
Hai amici a cui far riferimento?
Ho amici e collaboratori fidati, ma trovare interlocutori di spessore è difficile e questo mi fa sentire solo.
E’ finito da poco il tuo matrimonio. E’ stata dura?
Stiamo divorziando ora, è stato un legame durato tanti anni, per cui ho scritto i miei due dischi più importanti.
Senti l’istinto paterno? Ti immagini padre?
Idealisticamente si, ma ora non ci sono le condizioni anche per lo stile di vita che conduco, sono sempre in giro e voglio continuare a coltivare obiettivi più ampi in America. Certo mi piacerebbe trovare una persona che mi seguisse, ma ora sono molto diffidente. Un legame mi farebbe paura ed ho un anno così intenso davanti a me che non potrei permettermi di mettermi accanto una donna sbagliata.
Qual è il testo a cui sei più legato o una frase di una canzone?
“Il mio ricordo” è forse la canzone a cui sono più legato, mentre la frase che mi viene in mente dei miei testi è “Le pietre non volano”. Ha vinto il premio “Lucio Dalla”.
“Le pietre non volano” è una frase bellissima e poetica. E’ raro trovare tanta profondità accostata al genere rap.
Per te è poesia, ma per la maggior parte delle persone che mi seguono è ridicola. Mi hanno deriso, è diventato un meme. Questo mi fa molto soffrire, dover trovare il giusto equilibrio tra quello che sento e quello che la gente vuole sentire.
Come nasce una canzone? Ti piace scrivere?
Sicuramente da un’esperienza vissuta. La musica è parallela alla mia vita. Ogni volta che scrivo mi viene l’ansia, non dormo la notte, perchè ho un’aspettativa enorme su di me. Non me lo godo, ho paura di non riuscire, mi flagello, diventa doloroso. Questo da un lato di porta a essere lento nella produttività, dall’altro a spingermi sempre oltre.
Il valore più importante che hai.
La lealtà. Oggi essere leali viene visto con diffidenza, nessuno ti crede, pensano ci sai qualcosa sotto.
Prossimo progetto?
Stiamo facendo un album io e Geolier, non ha ancora un titolo. A settembre siamo in studio per chiuderlo. Sarà un fine anno e inizio 2024 pieno di lavoro.
Ci sono allora persone valide con cui condividere?
Si, ma il movimento è povero di geni.
n° 92 settembre 2023