di Ilaria Carloni
Reduce da un irrefrenabile successo in tv, Francesco Paolantoni è tornato prepotentemente sulla cresta dell’onda in età matura, quando ormai si era adagiato su una vita tranquilla fatta di teatro e piccole cose. Un successo inaspettato che lui affronta con gratitudine ma anche senza esaltazione, grazie alla maturità che ha raggiunto ed anche a quel pizzico di cinismo che lo porta a ridimensionare sempre tutto e a guardare la vita con il distacco e fatalismo tipico dei napoletani veraci.
Francesco è stato un inverno di lavoro senza sosta. Ci fai un sunto?
È stato un inverno pieno, con le trasmissioni “Stasera tutto è possibile”, “Tale e quale show”, L’acchiappatalenti” con Milly Carlucci, e poi la tournee
in teatro del mio spettacolo “O Tello, o io”, scritta, diretta e interpretata da me. In estate mi metto un po’ in pausa dalla tv, ma mi devo dedicare alla scrittura di un film per Amazon Prime, che è il seguito del film “Dobbiamo stare vicini” con Biagio Izzo e Paolo Conticini. Ci sono tre sceneggiatori
ed io ci metto mano per un po’ di spiritosaggini varie. A Gennaio Febbraio dovrei riprendere “Stasera tutto e possibile” e poi dovrei, ma non è ufficiale, essere tra i concorrenti di “Ballando con le stelle”.
In quale, di tutte queste dimensioni, ti senti più a tuo agio?
A me piace molto fare questo mestiere e credo che comprenda tutte queste cose. Chi fa l’attore, deve sapersi misurare con tutto ciò e avere le corde necessarie per farlo. Certo, a teatro mi sento proprio a casa, perché lì che sono nato.
Cosa è per te il divertimento?
Il divertimento è soprattutto vedere gli altri divertirsi. È l’estrema soddisfazione, il raggiungimento dello scopo, il risultato massimo del mio lavoro.
Tu ti diverti nel privato, o hai quella vena di malinconia che caratterizza tutti i comici?
Io mi diverto abbastanza in generale, ma sicuramente i comici hanno quella vena di inquietudine che non è un luogo comune. Io tendo a nasconderla anche a me stesso. Il mio lavoro è certamente un modo per esorcizzare quella sottile inquietudine, che però è anche il motore di questo mestiere. La serenità assoluta fa venir meno la creatività.
Come definisci questa fase della tua vita?
Questa fase è sicuramente inaspettata e sorprendente. Capita molto raramente di tornare così prepotentemente sulla cresta dell’onda, è una cosa preziosa. Io mi ero abbastanza perso ed anche rassegnato.
Pensi sia stata più fortuna o merito?
Ci sono tante componenti: l’occasione giusta, la fortuna, e certamente un po’ di talento di fondo che non può mancare. La mia occasione importante è stata sicuramente la trasmissione “Stasera tutto è possibile”, che mi ha dato la possibilità di mostrarmi per quello che sono, uno che fa commedia dell’arte, un improvvisatore.
Come lo affronti questo momento di gloria?
Mi godo questo momento prezioso con un’esaltazione diversa rispetto a quella dei trent’anni, affronto tutto con lo spirito di chi è maturo e strutturato. Il miracolo che mi appaga di più è vedere bambini, mamme e nonne che mi dicono “grazie”.
Come hai affrontato invece i momenti bui della vita?
I momenti difficili li ho sempre affrontati in maniera serena, non mi sono mai disperato per la mancanza di alcune cose, sono uno abbastanza pigro quindi non avevo il dolore della mancanza. Ho sempre fatto i miei spettacoli, ma senza quella smania di dover avere di più. Ero anche un po’ rassegnato, ma una rassegnazione non frustrata.
Questa filosofia di vita è tipica del napoletano…
Sono intriso della filosofia napoletana, non mi abbatto mai e godo delle piccole cose, in cui mi rifugio.
Come hai vissuto l’era dei social?
Sono un “ragazzo” social, ho affrontato con molto divertimento questa nuova dimensione, faccio quotidianamente video con cavolate che in altri ambiti non potrei fare. Il problema è che i social sono anche un buco nero di gente malata e frustrata che, nascondendosi dietro la tastiera, sfoga la propria insoddisfazione. Ma io mi diverto a rispondere anche agli haters. Del resto, se non hai haters, nun si nisciun!
Non hai mai sentito l’esigenza di metter su famiglia?
Non ho mai avuto l’esigenza di metter su famiglia, sto bene da solo. È grave quando si sta con gli altri per necessità, invece io sto bene con me stesso. Non so se questa mia reticenza alla famiglia affondi in qualche dolore infantile, dovrei indagare. Forse ha influito la perdita dei miei genitori quando avevo 20 anni. La mia unica sorella, di dodici anni più grande, che è stata un po’ la mia seconda mamma, è andata fuori poco dopo, quindi sono rimasto totalmente solo con non pochi problemi. I grandi dolori, però, ti danno la forza di superare tutto, anche i momenti economicamente difficili.
Che ricordo hai di tua sorella?
Mia sorella mi ha sempre portato al cinema facendomi scoprire questa mia passione da bambino. Desideravo fare l’attore americano di avventura. Ho sempre inseguito questo sogno.
Hai fede?
Non ho fede in Dio e non ho fede nell’umanità. Come potrei credere nelle religioni che sono inventate dagli uomini in cui non credo? La forma di filosofia che rispetto di più è il Buddismo, che guarda caso non è una religione.
Perché questa idea negativa dell’umanità?
L’umanità si rivela sempre peggio. C’è una percentuale altissima di uomini cattivi, pessimi. Ci vorrebbe più rispetto per il prossimo, che è fondamentale. In realtà non solo non c’è rispetto, ma è insito nell’animo umano godere nell’infierire sugli altri. Le bestie non hanno questo istinto
di far del male, lo fanno solo per la sopravvivenza.
La morte ti spaventa?
Più che la morte, mi fa orrore la vecchiaia. La trovo una cosa molto volgare. Il corpo che si disfa, la testa che ti abbandona: è una volgarità, è una cosa insopportabile.
La morte non mi spaventa perché credo che da vecchi, a un certo punto, quasi si desideri quando la volgarità incombe e non ce la fai più. Poi penso che dopo non ci sia nulla, ti spegni e basta. Sono favorevole assolutamente all’eutanasia.
Come ti definisci?
Sono un fortunato cialtrone. Riconoscendo alcuni talenti artistici che ho, credo di avere più di ciò che merito. Mi sento fortunato e anche cialtrone perché gioco molto col mio mestiere. Ho più puntato sul talento che sullo studio, se le cose mi vengono naturali bene, altrimenti non le forzo. Ho puntato a divertirmi più che a prepararmi. Sono assolutamente un fatalista.
n° 96 febbraio 2024