Ai piedi della collina di Posillipo, ubicato nell’omonimo Largo, si erge l’iconico Palazzo Donn’Anna, uno dei luoghi simbolo di Napoli.
Un edificio imponente che racconta una storia travagliata, avvolta nel mistero, che contribuisce a rendere tutto il fascino delle seducenti storie che in questo spigolo di terra affacciato sul mare hanno trovato il loro scenario perfetto.
Le origini del palazzo risalgono alla fine degli anni trenta del 1600, quando venne innalzato per la volontà della nobildonna Anna Carafa, consorte del viceré
Ramiro Núñez de Guzmán, duca di Medina de las Torres. Il progetto porta la firma del più importante architetto dell’epoca, Cosimo Fanzago, che nel 1642 mise a punto un disegno secondo i canoni del barocco napoletano e che prevedesse, tra le altre cose, anche un doppio ingresso, uno sul mare ed uno dalla via carrozzabile che si estendeva lungo la costa di Posillipo. Prima della fine dei lavori di restauro, fu organizzato un grande evento per inaugurare il Palazzo al quale partecipano tutte le famiglie nobili della città di Napoli, tuttavia l’architetto Fanzago non completò mai i lavori del Palazzo per via della prematura scomparsa di
Donn’Anna, avvenuta nel contesto di insurrezione popolare a causa della (temporanea) caduta del viceregno spagnolo, con la conseguente fuga del marito della stessa verso Madrid.
Oggi appare come una grossa rovina affacciata sul golfo, che si confonde tra i resti delle ville romane, una “roccaforte” ricca di suggestione e fascino da cui si può ammirare il grande teatro che si apre a picco sul mare.
Passando da arco in nicchia e di salone in terrazzo, Palazzo Donn’Anna è come un avamposto verso la città, parte integrante del grande corpo di Napoli, perfettamente inserito in quell’anfratto di collina che ammaliò pensatori, artisti e scrittori di tutt’Europa.
Il palazzo subì alcuni danni durante la rivolta di Masaniello del 1647 e durante il terremoto del 1688. Nel corso del XIX secolo sono stati numerosi i passaggi di proprietà che lo hanno fatto diventare prima una fabbrica di cristalli, poi un albergo, successivamente sede della Banca d’Italia. Attualmente il palazzo è suddiviso tra i proprietari e ha come unica destinazione d’uso quella di abitazione privata.
Sulla storia di Palazzo Donn’Anna sono stati versati fiumi di inchiostro che hanno generato leggende e racconti che ancora oggi rinnovano il mistero che lo avvolge. Questi miti e leggende affondano le loro radici in epoche lontanissime e incontrano le vicende di due nobildonne, ricordate dalla memoria collettiva
per il loro vissuto eccentrico e disinibito. La prima di queste è la celebre Regina Giovanna II D’Angiò, che visse nel Regno durante la prima metà del 1400. Lei passò agli annali per il suo indomabile desiderio d’amore che la spingeva a circuire giovani avvenenti. Palazzo Donn’Anna era congeniale per le opportunità
fornite dal doppio ingresso che avrebbe garantito comode vie di fuga e l’anonimato degli avventori consentendo, leggenda narra che le anime di questi sciagurati
amanti tuttora si aggirino nei sotterranei dell’antica dimora, da dove emettono lamenti travagliati, soprattuttodi notte.
Palazzo Donn’Anna, durante il ‘600, ben due secoli dopo le piccanti storie sulla regina Giovanna, fu acquistato dalla famiglia Carafa di Stigliano, entrando
a parte della cospicua dote della duchessa Donna Anna Carafa, proprietaria esclusiva del Palazzo a cui diede il suo stesso nome. Le vicende romanzesche che
riguardano questo personaggio s’intrecciano con storie di amori e gelosie, feste e sfarzi, nonché premature scomparse, alimentate anche dall’atmosfera misteriosa che avvolge la struttura: un edificio rimasto incompiuto e diroccato, dove le finestre illuminate si spalancano come occhi sulla notte sospesa tra il mare e la collina.
Il Palazzo è il punto di attracco di una delle più celebri leggende napoletane scritte da Matilde Serao, la quale racconta nel suo “Leggende napoletane”, di un
episodio verificatosi proprio a Palazzo Donn’Anna. In occasione di una festa, la boriosa padrona di casa allestì un teatrino per una rappresentazione alla quale
presero parte alcuni suoi ospiti. Tra gli attori vi era la nipote Donna Mercedes de las Torres che recitava nei panni della schiava innamorata del suo padrone,
a sua volta interpretato da Gaetano di Casapesenna, compagno della nobildonna. La messinscena si concluse con il tradizionale lieto fine e lo scambio del
bacio tra i due protagonisti, un gesto nel quale Donn’Anna riconobbe del tenero, innescando in lei una incontenibile gelosia. Ne derivarono giorni di accesi
litigi e ingiurie furiose fra le due donne che culminarono nella improvvisa e misteriosa sparizione della giovane Mercedes. Si volle far credere che la giovane
donna prese i voti, rifugiandosi in convento, ma l’innamorato Gaetano non cadde nei tranelli Donn’Anna e cercò la sua amata in tutti i regni, fino a trovare morte in battaglia.
La storia narra che nel Palazzo si intravedano ancora il fantasma di Donna Anna di Carafa che perseguita i due sfortunati amanti, Mercedes e Gaetano, ricomponendo la folle danza d’amore e gelosia.

La Regina Giovanna II D’Angiò passò agli annali per il suo indomabile desiderio d’amore che la spingeva a circuire giovani avvenenti. Palazzo Donn’Anna era congeniale per le opportunità fornite dal doppio ingresso che avrebbe garantito comode vie di fuga e l’anonimato degli avventori.