di Fabrizio Carloni

Quello che lascia interdetti nelle attuali vicende del conflitto israelo-palestinese e di quello russo-ucraino è la generalizzata misconoscenza e quindi l’insufficiente trattazione delle radici più profonde e remote di questi gravissimi avvenimenti. Per la vicenda in corso nell’Europa orientale, tutti i commentatori, anche quelli più impegnati, hanno mancato di rimarcare il precedente costituito dalla guerra sovietica combattuta tra il fine novembre 1939 e la metà di marzo dell’anno successivo con la piccola e coraggiosa Finlandia.

Il conflitto di cui parleremo per la complessità in un eventuale successivo intervento, comportò per la lo stato Scandinavo la perdita della Carelia, importante ed ampia regione di confine e di alcune basi navali strategiche; quello che lega la Guerra d’Inverno (1939-1940) a quella in corso tra Kiev e Mosca è il fatto che la Russia pagò ogni metro dei territori che le furono riconosciuti con il Trattato di Mosca, con migliaia di morti e con la stigmatizzazione univoca di tutto il mondo (fu espulsa dalla Società delle Nazioni). Per le vicende che riguardano in questi ultimi anni la lotta tra Vladimir Putin e Volodymyr  Zelens’kyj ci auguriamo che la storia non si riproponga in questi termini per l’Ucraina e che le sue province di confine compresa la Crimea non vadano perdute definitivamente.

Venendo alla questione israeliano – palestinese colpisce molto la confusione nella disamina fattane da molti commentatori tra israeliani ed ebrei. Gli ebrei, infatti, sono solo i sefarditi e  aschenaziti (provenienti dall’Europa settentrionale ed orientale i secondi; dalla penisola iberica sino alla cacciata del 1400 con diffusione nei paesi balcanici, in Africa Settentrionale sino alla decolonizzazione francese, in Turchia, in Egitto e Palestina i primi).

Gli israeliti sono invece la componente maggioritaria della popolazione dello Stato di Israele in cui vivono 10 milioni di cittadini di cui il 20 per cento è rappresentato da arabi  beduini; cui vanno aggiunti i drusi (2 per cento) stanziali soprattutto in Galilea e nel Golan con antiche radici locali, che contrariamente agli arabi sono coscritti nelle Forze Armate e sono fedeli allo stato israeliano spesso fino alla morte. Ben altra cosa costituiscono i sionisti che sono gli ebrei che continuano a sostenere in maniera dogmatica i dettami del grande movimento politico nato nella seconda metà dell’Ottocento e che era finalizzato al ritorno biblico alla casa dei padri costituita dalla Terra Santa; questi, dopo lo splendore ed il consolidamento dello stato israeliano costituiscono la parte minoritaria del parlamento.

Altro aspetto che sembra dimenticato riguarda il fattore poco studiato costituito dall’odio atavico nutrito dovunque si siano stanziati gli ebrei. Le manifestazioni filopalestinesi seguite ai fatti terribili del 7 ottobre del 2023, costituiscono un aspetto terminale di un processo iniziato nella Russia zarista nell’ultimo quarto dell’Ottocento rappresentato dalle stragi immotivate della popolazione ebraica (i pogrom). Ma queste rappresentarono gli aspetti postumi di un comportamento che riguardava i tempi antichi, con la Diaspora ebraica e l’odio verso gli israeliti che ha caratterizzato la storia del nostro mondo.

Quale sia la ragione di questa ostilità è incomprensibile e gli israeliani nel trasformare l’improduttivo territorio palestinese nel giardino del Medio Oriente hanno dimostrato quanto siano ingenerose le leggende che vogliono che gli ebrei siano dei fannulloni dediti all’usura e al commercio di preziosi che rapiscono i bambini dei “Gentili”.

È servito a suffragare la taccia che si trattasse di una popolazione di pavidi l’assoluta o quasi mancanza di reazione degli ebrei alle deportazioni  che in nazioni come la Grecia fecero terra bruciata di ogni presenza sefardita per quanto radicata; circa sessantamila israeliti della sola Salonicco furono esiliati e la maggior parte della popolazione greca cristiana tacque. Come accaduto in tutta l’Europa occupata dai tedeschi e principalmente in Francia dove la polizia di Vichy (come quella olandese) partecipò con indifferenza se non con entusiasmo alla Shoah.

John Reed il famosissimo giornalista comunista statunitense (1887-1920) nel suo reportage sulla Russia della Rivoluzione bolscevica, si riferisce alla consistente popolazione ebraica in questi termini: «…E sempre ebrei, ebrei, ebrei; uomini curvi e magri con bombette impolverate e lunghi soprabiti unti, barbe trascurate e occhi inquieti, disperati, che si facevano piccoli di fronte a poliziotti, soldati e preti, per poi drizzarsi altezzosi all’indirizzo dei contadini: un popolo cacciato, reso odioso da estorsioni e abusi, da una concorrenza omicida nelle sudice e sovraffollate città della “zona di residenza” ebraica…».

Qual è il mistero di tanto odio nei confronti di un popolo che in Palestina sì è rivelato coraggioso e laborioso? Perché tanti cortei e tanti palestinesi e fiancheggiatori che attaccano i civili con il coltello?

Ursula Hirschmann ed Etty Hillesum, vissute negli anni Trenta e Quaranta in Francia, Germania ed Italia la prima e ad Amsterdam la seconda, rappresentanti della buona borghesia ebrea mitteleuropea ci hanno lasciato una buona testimonianza del perché gli israeliti avrebbero meritato un trattamento migliore dai propri concittadini e vicini.

Benny Morris e Dror Ze’evi ci riferiscono delle stragi degli armeni e dei cristiani greci da parte degli ottomani a cavallo degli anni Venti del Ventesimo secolo; il professor Mark Mazower ci racconta della storia della persecuzione degli ebrei di Salonicco. I loro interventi non sono sufficienti per comprendere qual è il mistero di questo popolo unico per cui la persecuzione è un destino.

By Published On: Novembre 7, 2024

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