di Fabrizio Carloni

Il rombo dei cannoni ed il fischio delle bombe che squassano l’Europa Orientale ed il vicino Medio Oriente hanno risvegliato la memoria ancestrale in tante famiglie italiane. Molte di queste, infatti, hanno provato durante l’ultima guerra mondiale il lutto assoluto di veder morire padri, madri, figli, fratelli e collaterali. La mia da parte paterna nello spazio ristrettissimo di due anni tra il 1943 ed il 1945 fu decimata con l’assassinio nella Guerra Civile di mio nonno Maceo (per gli interessati cfr. in Rete “Maceo Carloni sito ufficiale”); per soccorrere la moglie e i figli il fratello di Maceo, Oberdan, tornò dal paesino in cui era sfollato con i suoi e fu falciato in Valnerina, vicino a Terni, con i bellissimi figli adolescenti Giovanna e Franco in un mitragliamento aereo Alleato. I bisnonni Rosa ed Enrico morirono per il dolore determinato dalle tragedie che si erano sommate. Da parte materna, il papà, Agostino, fu ucciso nel bombardamento terroristico statunitense di San Lorenzo, a Roma, il 19 luglio 1943; aveva fatto la Grande Guerra, tornando dagli Stati Uniti ed era stato ferito sul Carso dove combatteva come bersagliere. Ma la sorte riservata ai miei cari non fu un’eccezione e decine di migliaia di civili caddero sui due fronti dell’ultima guerra mondiale. In quest’ambito uno degli episodi che maggiormente ricorda gli avvenimenti di Haifa e del Libano fu il bombardamento della scuola elementare di Gorla, a Milano, di cui il Presidente della Repubblica Mattarella ha voluto ricordare con la sua presenza, l’ottantesima ricorrenza. Nell’ambito delle mie ricerche a caccia della Storia molti anni fa (febbraio 1992) ebbi modo di intervistare dal vivo uno degli alunni dell’istituto di Gorla; lo incontrai in una trattoria di Viale Monza dove mi recavo a cena per una ricerca più prosaica che era quella del misto di carni lesse che la padrona cucinava in maniera divina. Vicino di tavola alle prese con un quartino di vino era il signor Galloni Giuseppe, nato a Milano nel 1936. L’uomo mi suscitò subito curiosità e mi raccontò: «Io con il gruppo delle Case Popolari Crespi site in via Sant’Erlembaldo n. 2 facevo il turno pomeridiano; le Case erano una donazione della casata Crespi proprietaria del Corriere della Sera alle famiglie numerose (bisognava avere minimo cinque figli). Il bombardamento del 20 ottobre 1944 fu effettuato verso le 11 – 11,30; la giornata era bellissima ed il cielo terso; Gorla fu centrata tutta e due bombe colpirono la scuola. Io mi trovavo a Viale Monza con mio fratello Pasquale del 1934 e due miei amici i fratelli Ronzi quando sentii l’allarme; gli aerei, americani, erano moltissimi, in due formazioni e molto alti; non si vedevano esplosioni dell’antiaerea e vidi grappoli di bombe che precipitavano verso terra. Nel polverone degli scoppi fui risucchiato dallo spostamento d’aria nel cono di una bomba. Mio fratello e gli amici con l’aiuto di un signore che aveva lasciato il camioncino schiacciato da un platano su viale Monza mi vennero in soccorso e mi tirarono fuori; allora viale Monza era alberato e percorso dai binari del tram; i binari erano divelti e gli alberi abbattuti. Gli amici, mio fratello ed il signore del camioncino, mi accompagnarono in un rifugio che era rimasto integro nonostante due palazzine fossero state centrate. Dal ricovero fui poi portato da mio zio alla guardia medica con la bicicletta. Il braccio era gravemente ferito e ci vollero quattro mesi perché guarisse. La scuola di Gorla fu colpita da due bombe ed il ricovero antiaereo collassò perché in realtà era una cantina puntellata con travi che conoscevo bene perché mi ci ero recato in occasione di incursioni precedenti. I bambini uccisi furono circa 200 con bidelli e maestre e con delle mamme che per soccorrere i figli erano rimaste sepolte. La palazzina dopo il ponte sul canale era la sede dei vigili urbani e non fu colpita. I bambini uccisi appartenevano al turno mattutino ed erano considerati privilegiati rispetto a noi che venivamo dalle case popolari; tra di noi c’erano frizioni. Ricordo tra i morti il solo figlio del droghiere, tale Boerchi; il commerciante aveva la bottega a viale Monza vicino a Turro; mi viene ora in mente il figlio della maestra delle Case Popolari signora Giuliani e la figlia del farmacista di Gorla; il farmacista si salvò con la famiglia perché si rifugiava quando suonava l’allarme nel ricovero delle Case Popolari. Quando mi ripresi, dopo una settimana dalle macerie gli appartenenti all’UNPA (Unione Nazionale Protezione Antiaerea n.d.r.) tiravano ancora fuori cadaveri. I tedeschi prima del bombardamento occupavano il Parco Finsi dove avevano la contraerea. A fine 1943 eravamo stati sfollati a cura del comune di Milano in Trentino ed eravamo stati assegnati a famiglie di privati; il comune in cui fui destinato si chiamava Bedollo in val Pinè; fui rinviato a casa in autunno proprio in tempo per il bombardamento di Gorla. Ricordo che due tedeschi con una motocicletta BMW con sidecar furono uccisi dietro l’oratorio di Gorla ed io li andai a vedere mentre ancora erano coperti con teli mimetici ed erano circondati da altri camerati. Mi viene in mente l’uccisione in via Finsi di una decina di soldati tedeschi da parte di partigiani; l’assassinio avvenne sulla massicciata della ferrovia dopo che i tedeschi erano stati fatti scendere da un camion; uno di essi si salvò perché si getto nel Naviglio e riuscì a fuggire».

By Published On: Gennaio 7, 2025

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