di Ilaria Carloni
Il cuore di Salvatore è certamente il più forte dei suoi muscoli, perché è così dolce e perbene da essere raro. Nato nella periferia di Secondigliano, ha avuto una grande àncora: la sua famiglia, che gli ha sempre garantito un clima sano e un esempio di amore solido e pulito, basato sul rispetto reciproco e sul sostegno. Gli sono stati trasmessi valori importanti, come quello del lavoro e del sacrificio, respirati nel negozio di barbiere del nonno, in cui, piano piano, ha preso forma il suo sogno di fare l’attore. Un sogno che Salvatore ha inseguito per non avere mai il rimpianto di non averci provato. E quando ci è riuscito, la sua famiglia, che lo ha sempre sostenuto, gli ha fatto capire che è proprio nel successo che è facile perdersi. Questo monito Salvatore lo ha tenuto sempre presente restando fermamente fedele a se stesso, nonostante sia ormai arrivato a rivestire ruoli hollywoodiani. La sua carriera ha avuto un giro di boa importante con il ruolo di Gennaro Savastano in “Gomorra”, che è stato decisivo perché gli ha dato un passe partout internazionale. Salvatore Esposito non si è più fermato da allora ed è stato scelto da registi americani al fianco di Gerard Butler, Antony Hopkins, Andy Garcia.
Salvatore, ci fai un excursus dei tuoi ultimi lavori?
Al cinema sono stato protagonista dell’opera prima di Fortunato Cerrino dal titolo “Ave Maria”. Sono stato in onda tutti i lunedì su Sky con “Piedone: uno sbirro a Napoli” dal 2 al 23 dicembre. Ora sto girando per il cinema “Maserati: the brothers” che è la storia dei fratelli Maserati che hanno fondato la casa automobilistica. Interpreto Bindo, il secondogenito della famiglia. Nel cast ci sono Anthony Hopkins ed Andy Garcia. Poi il 10 gennaio esce in America il sequel del film con Gerard Butler “Then of thieves”, dal titolo italiano “Nella tana dei lupi 2: pantera”.
Come è nata e come hai affrontato la svolta americana?
In tutti questi film sono stato scelto direttamente senza provino perché mi avevano visto in “Gomorra”. Dopo Fargo, che avevo girato negli Stati Uniti, mi ero già un po’ ambientato e ormai sono riuscito a capire i meccanismi del cinema americano. La cosa che mi sorprende sempre degli attori o registi americani, è la stima che loro hanno nei miei confronti. Io gli vado incontro per complimentarmi e mi ritrovo loro che si complimentano con me. Questo mi lusinga molto.
Ti è venuta l’esterofilia oppure sei sempre legato alla tua città?
Sono sempre legato indissolubilmente a Napoli, ma la vivo poco, come vivo poco anche Roma dove abito, perché il lavoro mi porta spesso fuori. Per il film con Gerard Butler sono stato tre mesi a Tenerife, per Fargo sono stato otto mesi a Chicago. Noi attori siamo un po’ gitani.
La tua metà, Paola, ti segue?
Paola sì, mi segue, ma limitatamente al suo lavoro. Peraltro quando sono sul set, devo per forza di cose essere molto concentrato e quindi non riesco a dedicarle le attenzioni che vorrei. C’è stata una emozionante proposta di matrimonio a New York… Sì, le ho chiesto di sposarmi al Rockefeller center sulla pista di ghiaccio ed ora stiamo cercando di ragionare su come organizzare la famiglia per ipotizzare un figlio. Quando io sto fuori per lavoro, non mi sento leggero a pensarla da sola senza di me e lontana dalla famiglia che è a Napoli. State già facendo le prove generali con un cagnolino.
Che esperienza è stata?
Abbiamo per ora preso una bassottina di cui sono innamorato, Lola. È una esperienza che non avevo mai fatto in vita mia e non credevo si potesse amare così un animale. Sto facendo battaglie per far rafforzare le pene a coloro che maltrattano gli animali. Quando i cani mi leccavano in passato mi infastidivo, ora Lola dorme con noi e mi lecca ovunque. Nessuna persona riesce a dimostrarti l’amore che dimostrano loro. La tua vita negli ultimi dieci anni ha preso una virata sorprendente.
Come la vivi?
La mia vita è andata ben oltre i sogni che avevo nel cassetto. Ma ciò che mi tiene sempre ancorato a terra, è la mia famiglia, la mia forma mentis e la mia compagna. Ciò che conta moltissimo in una persona, infatti, è la formazione che ha avuto da bambino ed io, pur non avendo vissuto in una realtà protetta, ho sempre avuto una famiglia sana e solida. Poi ho incontrato Paola, che mi ritrovo sempre nei momenti di fragilità.
Qual è la tua fragilità? La mia fragilità è proprio legata alla paura di perdere, a causa del lavoro, pezzi di vita, sia mia, che dei miei affetti. Anche se sono certo che le persone che mi amano, capiscono che la mia distrazione non deriva da una mancanza d’affetto, ma dal fatto di trovarmi spesso assorbito sul lavoro.
Pensi che la tua vita sia stata frutto di un disegno o solo del tuo impegno?
Il mio destino era certamente segnato, io credo molto nel fatto che ci sia un grande disegno per ognuno di noi. Anche se siamo convinti di plasmare il nostro destino, io credo, invece, che sia tutto già scritto.
Hai mai l’ansia che tutto possa avere una battuta di arresto?
Non ho ansia, nel senso che io mi do sempre da fare: quando non lavoro sul set, scrivo, quando non scrivo, faccio altre attività. Basta sempre lavorare su se stessi e darsi da fare e le cose prima o poi arrivano.
Il rapporto col denaro?
Forse spendo più di quello che dovrei, come dice la mia commercialista dovrei spendere meno, ma io le rispondo che forse dovremmo pagare anche meno tasse. Non solo regaliamo allo Stato più della metà dei soldi che guadagnamo, ma non abbiamo nemmeno i servizi per cui paghiamo. Comunque ovviamente io sono un fortunato e la mia famiglia sa che se ci dovesse essere una necessità io ci sono. Tuo fratello Christian è praticamente tuo figlio.
Vuol seguire le tue orme?
Mio fratello ha 15 anni ed è più alto di me. Per ora sta facendo l’adolescente e deve studiare, poi quello che vorrà fare vedremo. Troverà sempre il mio sostegno. Un ricordo dell’adorato nonno… Mio nonno è sempre presente con me, ma rappresenta il mio dispiacere più grande il fatto che non abbia potuto vedere il mio successo. Che sia andato via nel mio momento più bello.
Un pregio e un difetto.
Pregio e difetto in me sono la stessa cosa: sono troppo buono. Sei rimasto, infatti, identico al Salvatore di dieci anni fa, nonostante il successo.
C’è qualcosa che è cambiato?
Sono la stessa persona di dieci anni fa, l’unica cosa che è cambiata è il modo in cui gli altri mi vedono e di conseguenza la perdita della privacy, che però è compensata dall’affetto della gente.
Questo fuoco che ti anima, lo avevi sin da bambino?
Avevo un grande fuoco dentro sin da bambino. Ero Attila, il flagello di Dio. Studiavo poco ma apprendevo in fretta. Ero croce e delizia delle maestre, che da un lato mi sgridavano perché ero ribelle, dall’altro mi amavano perché ero fuori categoria. Non solo set ma anche scrittura. Hai chiuso la tua prima trilogia.
Ce ne parli?
Il 19 novembre è uscito il mio terzo romanzo “Le streghe di Lourdes” che chiude la trilogia dopo “Lo sciamano” ed “Eclissi di sangue”. È un thriller esoterico, non è fantascienza. L’idea è nata di getto, anzi ho un tale flusso di coscienza che mi serve qualcuno che riesca a farmi incanalare le idee.
Com’è nata l’idea di scrivere?
La scrittura è nata dall’esigenza di trasporre idee che non mi proponevano sul lavoro, ma che mi affascinavano, così ho deciso di scrivere delle storie che mi piacerebbe diventassero tre film.
I’m?
Come dicevo prima, ahimé, troppo buono.
n° 100 febbraio 2025