di Luca Pasquarella

Non è più una questione di “se”, ma di “come”. L’intelligenza artificiale non appartiene a un futuro lontano, né a un universo parallelo fatto di robot e fantascienza. L’AI è già qui, ogni giorno: nei nostri telefoni, negli algoritmi che ci suggeriscono cosa ascoltare, comprare, leggere. Nelle case che si adattano al nostro ritmo. Nei negozi che riconoscono le nostre abitudini. Negli hotel che anticipano le nostre richieste. Ma l’ingresso dell’AI nella quotidianità pone una domanda fondamentale: ci semplificherà la vita o finirà per guidarla al posto nostro?

La bellezza dell’invisibile: quando l’AI migliora l’esperienza

Lavoro da oltre trent’anni nel mondo della tecnologia applicata agli ambienti: dal clubbing anni ‘90, all’home automation, fino all’hotellerie contemporanea. E in questo lungo percorso ho imparato una cosa: il vero lusso non è nella complessità, ma nella semplicità. L’AI, quando è ben progettata, è una forma di bellezza invisibile.

Una casa che si regola da sola in base alla luce naturale, una stanza d’albergo che riconosce il cliente e attiva uno scenario personalizzato, un sistema audio che adatta il sound al contesto emozionale. Tutto questo è già realtà, e lo sarà sempre di più. L’intelligenza artificiale, se guidata da empatia progettuale, non invade, ma eleva.

Il rischio dell’automatismo: la libertà senza scelta

Ma ogni tecnologia, per definizione, amplifica. Amplifica quello che trova. Se progettata male, l’AI può diventare una gabbia dorata.

Il pericolo più grande non è la “ribellione delle macchine”, ma la nostra dipendenza silenziosa. Delegare tutto all’automazione significa, spesso, disimparare. Se un algoritmo decide cosa è giusto per noi, quanto resta della nostra libertà?

Penso al cliente che mi ha chiesto un sistema audio controllabile solo con comandi vocali, salvo poi scoprire che, durante un guasto di rete, non riusciva più nemmeno ad accendere la musica. O a chi si affida a modelli predittivi senza capire che, in fondo, prevedere tutto significa anche smettere di sorprenderci.

E poi c’è un dubbio più profondo, più filosofico, che si insinua tra le righe di ogni innovazione: e se l’AI non si limitasse ad assisterci, ma iniziasse a modellare attivamente il nostro stile di vita? Non solo cosa compriamo o ascoltiamo, ma anche come viviamo, cosa consideriamo “normale”, quali comportamenti adottiamo perché suggeriti, incoraggiati o resi più facili da un sistema. È qui che la libertà individuale rischia di confondersi con una libertà preconfezionata, cucita su misura da un’intelligenza che non vive, ma calcola.

Tecnologia etica: il nuovo compito del progettista

Oggi il ruolo di chi progetta tecnologia è cambiato. Non siamo più solo installatori, ingegneri o designer. Siamo curatori dell’esperienza umana in ambienti intelligenti.

Serve una nuova consapevolezza: ogni scelta di design, ogni automazione, ogni voce digitale ha un impatto su come le persone si sentono nei propri spazi. Dobbiamo tornare a porci domande semplici, ma fondamentali:

  • Questa funzione serve davvero?
  • L’utente capirà come usarla, o si sentirà schiavo?
  • Sta migliorando la sua vita, o solo impressionandolo?

La differenza tra uno spazio smart e uno spazio sensato sta tutta qui.

Il futuro? Sarà fatto di equilibrio

Non sono tra quelli che vedono l’AI come una minaccia, ma nemmeno tra quelli che la celebrano acriticamente. Credo che il futuro sarà costruito da chi saprà dosare tecnologia e umanità, da chi saprà progettare soluzioni intelligenti che non chiedano attenzione, ma che sappiano offrire valore.

Il punto non è aggiungere funzioni, è aggiungere senso.

In fondo, l’AI non è altro che uno specchio amplificato delle nostre intenzioni. Se vogliamo un futuro abitabile, dobbiamo imparare a progettarlo con empatia.

In conclusione

L’AI non chiede permesso, si insinua dove trova spazio. Tocca a noi decidere quale spazio concederle, se vogliamo che ci ascolti davvero, forse dobbiamo cominciare noi a parlarle meglio. Con meno entusiasmo, e più consapevolezza, e con la certezza che la vera intelligenza resta, sempre, quella umana.

In  questa rubrica ad ogni uscita parlerò di soluzioni “sartoriali” che abbiamo sviluppato per coniugare gli aspetti che ritengo più importanti affinchè la tecnologia non diventi un nemico: alta qualità, affidabilità, semplicità di utilizzo, estetica sartoriale.

Per qualsiasi ulteriore consiglio puoi venire a trovarmi in atelier: “Luca Pasqualella – Exclusive Tecnologies S.R.L.” sempre in via Orazio 138/A Napoli.