C’è un modo sottile e potente di brillare nel mondo dello spettacolo, non ha bisogno di urla, di gossip, di provocazioni. È il modo che incarna Massimiliano Gallo, attore napoletano dallo sguardo profondo e la dialettica diretta e colta, che sa affrontare anche i temi più impegnati senza ipocrisie e buonismi. Il suo percorso non è stato un’esplosione, ma un costante impegno verso una professione che è la sua vita stessa, sin da quando era bambino. E oggi, mentre la sua bacheca si riempie di premi e riconoscimenti, lui continua il suo prestigioso percorso senza mai autocelebrarsi, in cui l’unica priorità è fare ciò che gli appartiene: recitare. Massimiliano porta in scena i personaggi – molti complessi come il colosso Eduardo De Filippo – muovendosi tra cinema, teatro e televisione, come se fosse tutto parte di un unico repertorio. Gallo non interpreta solo un personaggio, scava dentro le crepe dell’anima umana con una grazia unica. Con il suo carisma, ha saputo rendere credibili personaggi complessi, profondi, mai banali. È uno di quegli attori capaci di rendere affascinante anche il dolore, di dare poesia al disagio. È un uomo elegante, ma mai distante, sa essere principe e scugnizzo: proprio in questa dualità sta il suo magnetismo.

Massimiliano, tra i mille impegni, cosa stai girando adesso? Adesso sto girando a Matera la quinta e ultima stagione di “Imma Tataranni”. Andrà in onda a febbraio, venduta in sessanta paesi: un successo enorme.

Che clima c’è sul set sapendo che è l’ultima stagione? Siamo tutti in una dimensione strana, sono sette anni che giriamo e siamo una famiglia ormai. Quindi c’è un po’ di nostalgia.

Cosa altro c’è in cantiere? Ho girato una serie per Netflix mondo, si chiama “La scuola” ed è ambientata in una scuola militare tipo Nunziatella. Io sono il comandante di questa scuola, lavoro con la Capotondi e la Maiorino. La stanno traducendo in molte lingue e dovrebbe andare in onda a febbraio.

I premi che ha ricevuto non si contano più… Tra i premi recenti, il più importante è stato il quarto Nastro d’Argento per la televisione, con la fiction “Questi fantasmi” con la regia di Gassman, che è la terza operazione di Eduardo su Raiuno, dopo “Filumena Marturano” e “Napoli Milionaria”. Poi ho ricevuto un premio internazionale Starlight a Venezia sempre per “Questi fantasmi”.

A Venezia quest’anno sei andato per la prima volta da regista. Che emozione è stata? Il film che è andato a Venezia alle giornate degli autori, segna il mio debutto cinematografico da regista. Si chiama “La salita” parla di quando Eduardo De Filippo fece costruire un teatro a Nisida che salvò molti ragazzi. Il film ha avuto un bellissimo successo di critica ed uscirà a marzo nelle sale, distribuito da Fandango.

Passare alla regia è stato naturale? Questo passaggio alla regia per me è stato un passaggio naturale: sentivo il bisogno di raccontare qualcosa col mio sguardo. Ero stato a Venezia negli ultimi anni ben nove volte, ma venirci da regista è stata un’emozione totalmente diversa.

Che fase è questa della tua vita? Sono in una fase di serenità e di tanto lavoro. Non riesco mai a stare fermo e devo sempre esplorare il più possibile in tutte le direzioni accavallando sempre progetti.

Sei diventato di recente papà per la seconda volta dopo tanti anni, di Artemisia, una tua piccola fotocopia avuta da tua moglie Shalana Santana. La paternità in questa fase matura della tua vita com’è stata? Completamente diversa l’esperienza della paternità in età così diverse. Da giovane hai meno consapevolezze e quindi più paure, oggi invece ho più consapevolezze e me la godo di più.

Riesci tra tutti questi impegni a fare un po’ di vacanza? Faccio tre, quattro giorni di vacanza in cui sto bene perché mi godo la famiglia, ma non mi riesco mai a fermare veramente. Anche in vacanza mi sono messo a scrivere.

Come vivi questo periodo storico? Sicuramente siamo in un periodo storico molto preoccupante, vedo un mondo al contrario che fanno passare per normale e quindi è difficile starci dentro. Nel mio quotidiano sono abbastanza solitario, è difficile che esca: o lavoro o sto in famiglia. Penso che i social abbiano rovinato tutto perché non si parla più di contenuti, ma ci si chiede solo da che parte stai. Le persone non sono in grado di argomentare, non c’è più contenuto ma solo il contenitore. Questo crea uno zoccolo di tifosi ignoranti che in realtà non sa nulla.

Cosa trasmetti alle tue figlie? Trasmetto alle mie figlie i valori, cosa diventata complicata in questo mondo. La cosa importante è che sviluppino un approccio critico alle cose, che leggano, approfondiscano e si documentino. Mai come oggi è attuale l’analisi di Camilleri – che stava molto avanti – il quale sosteneva che ci fosse una sorta di analfabetismo funzionale per cui gli italiani non riescono a finire un discorso sensato, né a capire le notizie che leggono.

Cosa desidereresti dire ai tuoi genitori se potessi riaverli in vita? Quello che mi ha sempre rammaricato, è che i miei genitori non hanno visto il mio percorso, quindi mi piacerebbe che potessero vedermi oggi. Ma sono sempre presenti in me perché quello che uno è, è il frutto di quello che ci è stato trasmesso.

Un desiderio? Mi piacerebbe essere sempre più artista, quindi essere libero di scegliere, avere sempre meno legami con le cose pratiche, poter selezionare i progetti senza avere condizionamenti, ma mi sento già molto fortunato a lavorare così tanto.

A breve riparte anche la tournee teatrale… Ripartirà a metà dicembre la torunee teatrale di Malinconico, “Moderatamente felice” scritta a quattro mani con Diego De Silva. Poi a maggio, appena finisce la tournee inizio a girare la terza serie di Malinconico.

Quale personaggio ti somiglia di più? Quello che più mi somiglia è Malinconico, ma la mia più grande sfida è stata la trilogia di Eduardo. È la cosa che mi tengo più stretta, perché è stato un campo molto pericoloso da affrontare, ma mi ha dato un’enorme soddisfazione.

di Ilaria Carloni

foto di Piergiorgio Pirrone

n° 105 Novembre 2025